mercoledì 5 novembre 2014

That's all...

(Noi quest'estate durante la visita al Museo Archeologico con Massimo)

 Ciao lettori, ciao compagni di scorribande, ciao montelupini doc e non: qui si chiude. L'ultimo post è di Stefania. Un post durissimo, ma bello e vero. Vi abbiamo amati come in una relazione a distanza, dove l'irrealizzabilità accresce la passione.
 Vi lasciamo a Stefania. Ciao, Montelupo!



"E siamo arrivati alla fine...".

Così si apriva il tema, drammatico e strappalacrime, con cui salutavo compagni e professori in terza media, scritto che mi ha consentito di vincere il favoloso premio per il miglior tema dell'Istituto per l'anno scolastico 2000/2001. Ora, a distanza di 13 anni, torno ad usare lo stesso incipit ma le parole piagnucolose non riescono più ad uscire. Sarà per il cinismo imperante, sarà perché gli addii si sono sovrapposti ad altri addii rendendo il ricordo rarefatto, sarà perché la memoria è quella che è. Fa male sul momento, ma poi passa via veloce. Frasi come "non lo dimenticherò mai" e "resterà sempre impresso in me" sono baggianate.
Se faccio un bilancio dell'eshperienza di servizio civile credo che mi abbia dato tanto ma che l'impatto con il reale mondo del lavoro (perché questo è stato, che dir si voglia) mi abbia anche tolto molto: la speranza incondizionata, l'ingenuità. Credo sia il normale corso della vita, il prezzo da pagare per la crescita, ma essere giovani in questo periodo storico è, detto con parole grezze, 'na schifezza. Tranne qualche raro e spesso raccomandato fortunato, vediamo come un miraggio un impiego di lavapiatti nel ristorante a una decina di chilometri da casa e coloro che hanno speso anni e anni per conseguire lauree triennali, magistrali e altra roba pseudo-inutile vengono anche redarguiti se chiedono un lavoro, diritto addirittura stabilito dalla nostra Costituzione. Quello che è certo è che ora come ora la serenità dell'impiego per tempo prolungato è un'utopia sconcertante.
Nelle mie complicate riflessioni sono arrivata a meditare sulle costruzioni della società e sulla loro talvolta preponderante inutilità per la felicità umana. Sono giunta a rivalutare il ruolo dell'agricoltura di sussistenza, in stile due, tre, quattro cuori, una capanna e un terreno da arare. Forse un tempo questa strada sarebbe stata percorribile, ma adesso, sotto un tetto di paglia e legno, sentiremmo la mancanza di H&M, delle raccolte punti della Coop o del Lucca Comics.
In una di queste notti di scarso sonno, la mia cara mammuzza mi ha tenuto compagnia dalle 5 alle 7 del mattino allo scopo di tirarmi su di morale sulla mia condizione di disoccupata ormai senza neanche più tante belle speranze. In un momento catartico degno di libri quali "Le rondini di nonno Perché", ha ricordato come alla mia età cercasse di arrabbattarsi vendendo sciarpe fatte a mano dopo aver abbandonato la Facoltà di architettura a due esami dalla laurea per un lavoro che è poi sfumato, o di come ha trovato la sua attuale occupazione chiedendo aiuto all'assistente sociale per pagare i libri scolastici delle figlie perché sia lei sia mio babbo erano rimasti senza lavoro. Questo mi ha fatto riflettere sul reale significato di questi momenti bui. In sostanza, "panta rei". Come ci ha tramandato Eraclito, tutto scorre e non possiamo sapere dove scelte sbagliate, occasioni mancate e porte sbattute in faccia ci possono portare, forse a qualcosa di meglio.
La speranza è un lusso che di questi tempi non possiamo permetterci ma forse possiamo arrivare all'assenza di disperazione. In sostanza, a vivere in modo apatico... Nel frattempo saluto quest'esperienza con il cuore un po' pesante. Vi risparmio commenti, analisi e bla bla bla. Ciao a tutti, belli e brutti!
(Stefania)                                                                                                                                                                                                                   

domenica 2 novembre 2014

Le statistiche di Civilupo: ci avete letto tantissimo!


E' il nostro penultimo post, e noi Civilupi abbiamo pensato che fosse d'uopo fare un bilancio finale. Ci siamo quindi messi a studiare gli (ottimi) insights del blog per capire da dove voi lettori siete giunti a noi, cosa vi è piaciuto di più e quanti siete stati. E siete stati davvero tantissimi.
 L'avventura di Civilupo ha infatti avuto inizio il 26 gennaio 2014 (con il post "Chi sono i Civilupi") e nei suoi nove mesi scarsi di vita ha avuto ben 8.625 visualizzazioni, con una media di 959 click al mese. I 53 post hanno quindi avuto una media di 163 lettori ciascuno.
 Nel grafico sopra potete vedere quali sono stati gli articoli più letti in assoluto: in testa alla classifica c'è l'intervista al libraio Roberto, seguita dalle immagini che abbiamo raccolto durante l'inaugurazione del MMAB, dai consigli su cosa visitare alla Festa della Ceramica e dall'incontro con le bravissime StileLibero.
 Qui sotto, invece, i paesi del mondo dai quali siamo stati più letti: ovviamente il primo è l'Italia, ma abbiamo avuto anche molti lettori dagli Stati Uniti.



Dopo questa parentesi internescional, veniamo alle principali fonti di provenienza del traffico: il poter condividere con voi il nostro lavoro tramite la pagina facebook del Comune di Montelupo Fiorentino è stata un'importantissima opportunità per farci leggere. La maggioranza dei lettori ci ha trovato da lì, ma ci avete anche cercato su google (qualcuno con delle chiavi di ricerca fantastiche tipo "Giada abbronzatura Montelupo", "mentre ero in biblioteca mi brontolava lo stomaco" e anche "casse per coltivare l'insalata". BOH).


Infine, qui sotto, un riepilogo generale del traffico e dei post più letti. Che altro aggiungere? Per noi il blog è stato un indispensabile strumento di accompagnamento all'anno di volontariato che abbiamo vissuto in Comune. Ci ha aiutato ad ambientarci, a conoscervi e a farci conoscere. Siamo orgogliosi della nostra creatura, per la quale non di rado abbiamo lottato e fatto sentire la nostra voce. Arrivederci a mercoledì con l'ultimo post di Civilupo!



mercoledì 22 ottobre 2014

Siamo ragazzi 1.0

Salve a tutti annoiati e un po' disperati girovaghi della rete, che vi trovate a impiegare il vostro tempo a leggere questo articolo quando potreste fare cose molto più utili come lamentarvi del tempo, guardare gli operai a lavoro nei cantieri, giocare a bocce... sì, perché vi conviene farlo ora, visto che tanto la pensione non la vedrete mai. Eh sì, metteteci una pietra sopra: i vecchi cari giorni in cui ci si godeva il meritato riposo dopo anni e anni di lavoro sono finiti: ora siamo nell'era 2.0, in cui chi si ferma è perduto, in cui si deve prendere la palla al balzo, saltellare da un impiego ad un altro per evitare il temibile tedio del posto fisso, come se fosse difficile evitarlo. Quindi evviva la precarietà, la disoccupazione e gli espedienti che ci tengono lontani dalla noia e dalla pensione, che invece trascorreremo distribuendo volantini in giro per i parchi, avvicinando di tanto in tanto qualche ragazzino (per i più audaci ricordatevi: se non gli chiedete l'età tutto è lecito) per tirare avanti e pagare l'abbonamento col quale avremo preso il nuovo Iphone. Eppure in questo periodo chi mi sta attorno mi trova più acido del solito -a quanto pare Camilla M. è una cartina tornasole umana- e il motivo è presto detto: la nostra avventura nel Servizio Civile sta per finire e ci troveremo di nuovo catapultati nel mondo delle offerte di lavoro con richieste assurde del tipo (e copio il mio post di qualche tempo fa sul faccialibro):

Guardarobiere. Richiesta laurea in chimica.
Apprendista muratore. Richiesti 50 anni di esperienza minimi.
Addetto alle vendite per industria di pelletteria. Richiesti 10 anni di allenamento nella stanza dello spirito e del tempo
Assistente operatore ecologico. Richiesto un drago possibilmente millenario.
Giardiniere: Richiesta esperienza pregressa nei giardini pensili di babilonia, patentino di druido e una scimmia di giada.
Stamattina sono stato a cercare lavoro, ero così disperato che pensavo di mettermi a pulire i vetri delle macchine, al Centro per l'Impiego mi hanno proposto un tirocinio non pagato presso il semaforo in via Roma. L'attrezzatura e l'acqua a mie spese ovviamente. Quello che mi dispiace più lasciare è la stabilità, la sicurezza che mi aveva concesso questo anno. Chiamatemi sentimentale, antiquato, 1.0 o addirittura idealista (scusate la parolaccia) ma ho scoperto che la stabilità mi piace. Mi piacerebbe pensare che fra un anno avrò i soldi sufficienti per comprare una moto che non mi pianta in asso in mezzo di strada, che fra due potrei andare a vivere da solo e dopo ancora avere una famiglia, fino a potermi rilassare su una panchina guardando i miei nipoti che giocano, magari parlando del tempo pazzo con un altro pensionato accanto a me. Ma a quanto pare è un'eresia sperare in una vita tranquilla, dunque per essere al passo con i tempi avere una famiglia è fuori discussione, invecchiare è out e il posto fisso solo un'utopia da comunisti incalliti che non capiscono che le aziende falliscono se le persone pretendono uno stipendio accettabile, delle condizioni di lavoro decenti e delle motivazioni per essere cacciati via. Senza le aziende, chi ti proporrebbe i tirocini sottopagati per poi ridere sentendoti parlare di un'eventuale assunzione? Eppure in giro vedo sempre più mercedes, sempre più macchinoni e coupè. Mi diceva una utente danese che il problema in Italia è che chi ha i soldi non paga le tasse, perchè in Danimarca gli studenti non pagano tasse universitarie e percepiscono 500 euro al mese fino alla fine degli studi più altrettanti per i primi due anni di disoccupazione, eppure la cosiddetta crisi è anche là... In definitiva, finito il Servizio Civile penso che fra un lavoro a tempo determinato e un tirocinio mi metterò a fissare le nuvole, guardare i lavori stradali e a godermi la pensione che tanto, per noi generazione con le tasche vuote e lo smartphone in mano, non arriverà mai.

 (Mattia)



domenica 19 ottobre 2014

Polaroid da Bosco in Festa






 



mercoledì 15 ottobre 2014

Impara l'arte e mettila da parte - riflessioni sul futuro (im)precario

Oggi di nuovo la splendida Camilla M. (nella foto mentre viene legata da Mattia durante un turno al bancone del MMAB) ci delizia con un racconto sulla sua infanzia. E sul precariato. E sulla differenza tra generazioni. Buona lettura!









Per iniziare questo post partirò dalla mia infanzia, ma per parlare della mia infanzia parlerò di mia nonna. Tra i racconti che mia nonna ripeteva all'infinito c'era l'esame di quinta elementare, nel 1931, superato con un “dieci e lodi particolari dalla direttrice”. Il giorno del tema di italiano, mi diceva soddisfatta, fece tre temi differenziati, due per dei carabinieri che dovevano prendere la licenza elementare e uno per sé. Il racconto dettagliato sui suoi temi era poi seguito dal racconto di come i maestri avessero voluto parlare con i suoi genitori, insistere perché continuasse a studiare perché solo con la quinta era sprecata, offrendosi di aiutarla a studiare per corrispondenza, visto che le medie erano a più di 100 chilometri dal suo paese. La conclusione era poi amara: sua mamma aveva già deciso che dopo le elementari la attendeva il lavoro di sarta, al quale era stata già avviata a 9 anni. “Impara l'arte e mettila da parte, diceva mia mamma... Ma poi da parte non me l'ha fatta mai mettere”, la frase finale, sempre la stessa, era accompagnata da una risata quasi simile a un sospiro.
Quando ho compiuto 9 anni mia nonna mi ha regalato un ditale ed un ago, raccontandomi di nuovo la storia della sua carriera di sarta, aggiungendo dettagli sui libri che teneva sotto la gonna e leggeva di nascosto quando sua madre non c'era. “Impara l'arte e mettila da parte” diceva anche a me mentre mi preparava le lezioni di cucito. Ricordo di essere stata molto contenta di imparare a cucire. Anche perché nel mio caso l'arte la mettevo davvero da parte, anzi, potevo permettermi anche il lusso di non impararla o impararla così così. Cosa che ho fatto, purtroppo, nonostante mi ci applicassi con entusiasmo.
Dopo le elementari, concluse egregiamente per la gioia di mia nonna, nella mia vita ho potuto permettermi le medie, le superiori, l'università. Direi che è andato tutto benissimo e sono stata fortunata: non c'è stato bisogno di grossi sforzi, nessuno mi ha mai vietato di leggere o studiare, nessuno mi ha dato un'arte per poi non farmela mettere da parte. Anzi. Da parte c'ho un sacco di cose. Solo che non si chiamano arti né mestieri. Si chiamano “competenze tecniche”, “competenze relazionali” o “altre competenze”. A volte sembrano cose inutili o senza senso, forse perché sono in inglesorum e nessuno ci capisce niente, forse perché, come ci tengono a comunicarti in maniera più o meno esplicita in molti colloqui di lavoro, si può trovare una qualsiasi scimmia ammaestrata che li impari e ti sostituisca se non sei abbastanza “flessibile”o motivata al lavoro gratuito per la nobile causa dell'azienda. In ogni caso, utili, inutili, essenziali, irrilevanti che siano le tue competenze ti conviene metterle nel curriculum, che tanto fanno ciccia e lo rendono più figo. Sempre che qualcuno lo legga. Insomma “prendi le tue competenze tecniche e mettile nel cv” avrebbe detto mia nonna nel XXI secolo, mentre mi insegnava ad essere multitasking.

mercoledì 8 ottobre 2014

- 29 Giorni alla fine di Civilupo

(Grazie a Stefania per il dito)
L'altro giorno eravamo per strada e abbiamo incontrato un nostro amico e lettore, Matteo Mirenda, ceramista di famiglia e rugbysta di vocazione, che tutto sorridente ci ha parlato della sua intenzione di fondare un blog sulla città di Montelupo e sulla tradizione di ceramica artigianale che la caratterizza, e del fatto che gli piacerebbe includere anche noi di Civilupo,  che ormai da un po' ci occupiamo del territorio (oltre che dei fattacci nostri) nei post che scriviamo, e per questo costituiamo una realtà informativa. Dopo aver lodato Matteo per la sua iniziativa (è cosa buona e giusta), siamo stati costretti a fargli notare che, come nella apocalittica  canzone dei Nomadi (che ci piace ascoltare nella versione dei CSI) ,noi non ci saremo. Lui ci è sembrato che ci sia rimasto abbastanza male.
Approfittiamo di questo post per farlo presente anche a tutti gli altri nostri lettori: Civilupo, come si suol dire, non mangerà il panettone. Lo abbiamo creato noi del Servizio Civile 2014, e il prossimo 6 Novembre, tra esattamente 29 giorni, il nostro anno di volontariato finirà. E con esso il blog.
È forse ancora presto per fare bilanci; di certo, invece, è troppo tardi per fare progetti. Ci siamo interrogati a lungo su come far proseguire la vita di questo spazio che ci piace al punto da passare interi pomeriggi non lavorativi a scriverci, anziché, chessò, inforcare la bicicletta e andare fuori al sole. Ci siamo informati, abbiamo fatto un miliardo di ricerche per scoprire che la verità è una sola, per questo blog e per la vita: se non c'è una volontà di fondo, una voglia di fare, di capire, di scrivere, di andare, le cose non si concretizzano. Non proseguono, non vanno avanti. E così, quando non ci saremo più noi, con la nostra curiosità e le nostre idee, forse Civilupo terminerà per sempre.
 Lo sappiamo, è na tristezza, è un post pesante, ma serve a voi quanto a noi. Per abituarci almeno all'idea di stare senza Civilupo e invitarvi a leggere quello che scriviamo con ancora più avidità, sapendo che ne avrete ancora per poco. SIGH.

domenica 5 ottobre 2014

Civilupo incontra StileLibero


Le vedete queste tre giovani sorridenti? Sono Belinda Ninci, Marianna Castellani e Valentina Batini: le StileLibero. Da alcuni mesi rappresentano una realtà artistica montelupina e dopo aver partecipato agli eventi organizzati dal Comune aprendo i loro studi e presentando nuovi lavori, stanno organizzando il primo vero e proprio happening interamente pensato e progettato da loro.

Vogliamo premettere che questa per noi è stata più di una semplice intervista: quella che abbiamo fatto sotto il pergolato di Piazza della Libertà è stata, infatti, una corroborante chiacchierata su tematiche quali cosa sia l'arte, perché non viene compresa, cosa si può fare a riguardo, il benessere dell'attività artistica al di là del benessere economico che questa può dare, come e quando un artista rompe le scatole e perché è bene che lo faccia forever and ever, come si mantiene alta la qualità del proprio lavoro, perché l'arte non è intrattenimento, l'importanza del discutere di ispirazioni e mete artistiche anziché di mete commerciali e molto, molto altro. Ci sentiamo di dire che noi di Civilupo consideriamo tutto ciò che riguarda l'arte una questione fondamentale e che durante l'intervista ci è capitato di chiederci come mai non ne parliamo ogni santo giorno che il padreterno mette in terra. Tutti dovremmo parlarne. Parliamone tutti, parlatene anche voi.
Volendo trascrivere l'intervista per intero, ci sarebbero volute settordicimilamille pagine di blog, e quindi quella che leggete qua sotto è la trasposizione degli elementi che più vi faranno conoscere le attività del gruppo StileLibero e lo spirito con cui le nostre tre lavorano. Buona lettura.

Civilupo: Com'è nata l'idea di formare questo...questa...formazione? Come dobbiamo chiamarvi?
StileLibero: Potete chiamarci semplicemente gruppo! Siamo un gruppo che si è formato intorno agli eventi natalizi della fine del 2013. Valentina, dopo aver chiuso il suo atelier, stava tenendo una mostra in uno spazio provvisorio, mentre Marianna aveva lo studio chiuso da tempo per matenità e Belinda aveva trovato la sua dimensione nei corsi di pittura ma era alla ricerca di nuovi stimoli. Nello stesso periodo si stava chiudendo la campagna elettorale e il fatto che alcuni dei candidati ci abbiano chiesto cosa avremmo voluto cambiare di Montelupo ci ha spinte a farci domande sullo stato dell'arte, in particolare nel centro storico. Così abbiamo avuto modo di conoscerci meglio ed è nata l'idea del gruppo.

C: Come funziona StileLibero? Quali occasioni di confonto avete?
SL: Ci confrontiamo costantemente, costantemente parliamo di cosa potremmo e vorremmo fare e in che modo. Ci vediamo tutti i giorni e in questo un contributo fondamentale lo dà la vicinanza fisica: il centro storico è il luogo dove Marianna e Belinda hanno i loro studi (Marianna Castellani in Via Baccio da Montelupo, Belinda Ninci in via XX Settembre vicino Piazza della Libertà, n.d.r.) e dove Valentina attualmente lavora, così ci troviamo a prendere un caffè e lì nascono le nostre idee.

C: Avete delle regole come gruppo artistico?
SL: : Il gruppo è un'unione libera, che non ha un manifesto che definisce l'oggetto della ricerca, e in cui non ci sono vincoli ma il rispetto delle singole operatività e la voglia di un confronto e di una collaborazione fruttuosa. Il gruppo StileLibero aiuta ciascuna di noi ad uscire dalle proprie abitudini, dagli schemi che tendiamo a utilizzare nel nostro lavoro. Ognuna ha una base di ricerca artistica che esiste nonostante tutto: da questo siamo partite e abbiamo fondato il movimento.

C: Qual è stato il percorso che avete creato fino a ora?
SL: L'intento fino a questo punto è stato quello di creare degli spazi che fossero luoghi d'incontro e non soltanto di esposizione. Durante gli eventi organizzati dal Comune quest'anno abbiamo ospitato nei nostri studi alcuni interventi multidisciplinari. Era il progetto Open Lab: fare sì che le persone visitassero gli studi dove esponiamo il nostro lavoro e il lavoro di altri artisti come spazi aperti, fruibili. Ora con il progetto En Plein Air di Ottobre vogliamo fare il passo successivo, facendo uscire l'arte dagli studi e portandola direttamente in piazza.

C: Cioè? Che succede a Ottobre?
SL: Sabato 11 Ottobre si terrà in Piazza della Libertà "Sedie in Piazza", un evento per creare il quale abbiamo aderito all'invito dell'AMACI, che ha scelto questa data per la decima edizione della Giornata del Contemporaneo (per chi volesse saperne di più, trovate tutte le informazioni qui). Abbiamo invitato artigiani e artisti a portare in piazza le proprie sedie senza porre limiti disciplinari: sedie scolpite, sedie di legno su cui esibirsi in una live performance, sedie metaforiche, sedie letterarie. Vogliamo rendere l'arte direttamente fruibile per il pubblico e mostrare anche il lavoro che c'è dietro, che spesso non viene compreso.

C: Avete progetti per il futuro?
SL: Abbiamo alcuni progetti che però sono a lunga scadenza. Stiamo già pensando adesso a quello che succederà, per esempio, a Settembre 2015. Ci interessa dare respiro alla riflessione, che è una cosa che ogni pratica artistica richiederebbe. Fare interventi artistici a tre teste richiede un lavoro in più, più strutturato. Un'altra cosa che ci piacerebbe è costruire una rete sul territorio. Vorremmo che fosse più naturale parlare della propria ricerca artistica o artigianale per tutti coloro che la praticano intorno a noi. In fondo StileLibero non è nato tanto come progetto ambizioso quanto come pratica di buon vicinato: io sono artigiano, lo sei anche tu, lavoriamo vicini e allora ci incontriamo e parliamo di quello che facciamo. Speriamo che gli eventi che creiamo siano occasioni di incontro in questo senso.


 

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